Una strategia ben definita si dall’inizio, che ha generato la ricerca e la valorizzazione della qualità prima di tutto.
Dal 1959, sempre un’unica passione e ricerca: la qualità nel caffè.
L’ esperienza acquisita negli anni, la ricerca delle materie prime nelle terre d’origine, l’evoluzione tecnologica, l’attenzione e la ricerca di mercato sono tutti valori e consapevolezze che sfociano nel gusto armonico e raffinato dell’ineguagliabile tazzina di caffè espresso italiano.
Oltre 50 anni di storia e tradizione
In cui l’azienda è passata dall’attività artigianale all’industria, rinnovando la propria identità e diventando, con costanza e coerenza, uno specialista italiano nel campo del caffè, sempre pronto ad anticipare le tendenze del mercato e a soddisfare le esigenze dei consumatori.
Oggi, grazie al rispetto della tradizione, la Torrefazione Caffè Salomoni è in grado di offrire ai suoi clienti l’esperienza dei “maestri torrefattori” con una vasta gamma di miscele e di prodotti di base, in grado di soddisfare le sfumature del gusto, la molteplicità del consumo e far conoscere ad un pubblico sempre più vasto, il caffè di qualità.
La coltura del caffè colombiano della Sierra Nevada è posizionata tra i 1200/1600 metri di altitudine dove già il clima seleziona molti degli insetti nocivi delle piante. Le sue bacche dolciastre possono crescere sane aiutate dal lavoro dell’uomo.
Gli Indiani si sono resi indispensabili in questo tipo di lavoro in quanto i territori di quota sono terrazzati e mal collegati da stretti passaggi di pietra dove i mezzi a quattro ruote non riescono ad arrivare e dove solo i suoi abitanti sono in grado di muoversi con abilità.
La concimazione organica del suolo avviene in modo del tutto naturale con:
• un’opportuna compostazione (elaborazione di tutti gli scarti di vegetazione in appositi tumuli);
• la pacciamatura (copertura del terreno per impedirne l’inaridimento e per favorire la sopravvivenza dei microrganismi che contribuiscono alla fertilità del suolo;
• la rotazione delle colture e la vicinanza di colture che “si aiutano” a vicenda fanno si che il terreno si rigeneri e che torni a dare alimenti ricchi di tutti i nutrienti in perfetto equilibrio.
La raccolta del frutto è ancora fatta a mano per selezionare le bacche più mature e persino il suo trasporto più a valle avviene ancora tramite l’uomo o con l’aiuto di muli.
I chicchi vengono lavati accuratamente all’acqua limpida e messi ad asciugare al caldo sole caraibico. Il raccolto viene curato e “coccolato” perché unica fonte di reddito per i nativi che devono ogni giorno combattere contro il nemico numero uno Colombiano: la marijuana.
Il progetto è nato alla fine degli anni novanta e viene dal profondo rispetto della natura e di un popolo che ama la terra e la rispetta perché fonte di vita. Gli Stati Uniti hanno aiutato il progetto stanziando un fondo finanziario proprio per la coltura del prodotto biologico e oggi in queste fazende si coltivano, oltre al caffè, la palma da cui si estrae l’olio, la canna da zucchero per lo zucchero di canna, le banane, il cocco e l’ananas. Per incentivare la produzione biologica gli Indiani sono pagati di più di quelli che vengono invece sfruttati nelle piantagioni della marijuana e della coca, comunque non senza rischio.
E’ chiaro che durante il suo cammino il progetto ha incontrato diverse ostilità proprio dagli stessi colombiani che avevano creato come coltura principale e fortemente redditizia la droga e che non intendevano cedere i territori per colture alternative